Articolo dal giornale "Repubblica on line del 17.6.2008"
L'ecovillaggio di Granara
dove i sogni ricominciano
A 600 metri sul livello del mare, nel comune di Valmozzola, un borgo contadino abbandonato è stato ricostruito con le tecniche della bio-edilizia da un gruppo di amici. Volevano farne una comune. Lo hanno trasformato in un eco-villaggio sperimentale
di Stefania Parmeggiani
Quando li hanno visti arrampicarsi sulla collina, gli zaini e i sacco a pelo per dormire sotto le stelle, accanto a ruderi invasi dalle capre, li hanno chiamati hippy.
Loro, invece, avevano un sogno: fuggire da Milano e Torino per fondare una comune ecologica. "Abbiamo cercato il posto per più di un anno – racconta Uby, originario di Torino – ma la terra costava ovunque troppo. Poi abbiamo scoperto la Val di Taro e questo borgo abbandonato, dal nome bellissimo, Granara. Ricorda il grano, la ricchezza, c'è piaciuto subito".
I vecchi abitanti, una famiglia dopo l'altra, se n'erano andati tutti. Emigrati durante e dopo la guerra, in Francia, Inghilterra e America. Le case in pietra erano state abbandonate vent'anni prima, qualcuna era crollata, la maggioranza era occupata dalle capre selvatiche. L'erba e i rovi scendevano dal bosco e invadevano i vecchi sentieri. Che Granara non fosse perduta per sempre non lo credeva nessuno, a parte un gruppo di amici che gli altri chiamavano hippy.
Granara di sotto e Granara di sopra, un edificio dopo l'altro venne ricostruita. I muri sono stati alzati riempiendo con paglia e terra vecchi bancali. In alcuni edifici, per evitare infiltrazioni d'acqua, le pareti sono state rivestite di cera d'api. I bagni, sia quelli delle abitazioni che quelli comuni sono "compost toilet". I rifiuti organici diventano concime per gli orti, che sostituiscono i giardini e risalgono dal retro delle case fino ai boschi. I primi pannelli solari sono spuntati dopo un viaggio in Germania: rudimentali, fatti a mano, copiati da una fattoria tedesca quando in Italia ancora non si parlava di bio-edilizia, ma efficaci.
"Studiavamo, viaggiavamo, sperimentavamo, ristrutturavamo l'intero paese una casa dopo l'altra con i nostri tempi, lentamente. Una comune però non l'abbiamo mai fatta, i tempi sono cambiati e noi con loro…". Di quell'antico sogno non tutto è andato perduto. "Eravamo legati a questo paese, ormai faceva parte di noi. I prati, i boschi, i circa 100 ettari di terreno sono proprietà comune e l'idea stessa del paese è che quando si organizza una qualche attività l'intera Granara ne venga occupata".
Nasce così il "Granara Teatro Festival", una serie di spettacoli e laboratori che da sette anni trasforma l'intero villaggio in un palcoscenico residenziale: artisti, staff, spettatori, ospiti... tutti per cinque giorni vivono nelle case di pietra. E così negli anni sono stati organizzati i campi estivi per i bambini "che imparano a costruire rifugi nel bosco e a giocare nella natura rispettandola".
Uby indica il tendone da circo affacciato sulla valle, il galeone di legno ancorato a un campo, proprio ai margini del bosco pieno di capanne e casette sugli alberi. E' orgoglioso che Granara abbia una nuova vita. A volte capita che i vecchi abitanti del villaggio o i loro figli tornino dall'estero per vedere il luogo dove sono nati: "Quasi non credono ai loro occhi". Neanche gli abitanti della valle all'inizio ci avevano creduto: che avrebbero mai potuto fare un gruppo di hippy sulla collina? "Non una comune. Abbiamo però strappato un paese all'incuria del tempo, recuperato case e sentieri, aperto un eco villaggio dove si sperimentano i sogni". E scusate se è poco.